le mie foto sono piatte, piane, appiattite, bidimensionali. sono mosse, sfuocate, stralunate, come colpite da un battito e portate via con me. sono foto di riflesso, immediate, intraviste, a volte davvero riflesse. sono scattate attraversando situazioni e superfici, altre sono solamente scritte, altre ancora mancate. e poi ci sono i pali, e la gente che lavora o semplicemente sta lì, e io. assolutamente a colori. per ora.

lunedì 3 ottobre 2011

di ritorno dalla prima lezione, di tecnica fotografica II a Forma, docente il Resmini, mi lascio colpire da questa vetrina di negozio in disuso, riflettente strisce bianche e rosse.

l'idea è la solita. scattare un riflesso urbano, di quelli che piacciono a me, magari un pochino più lineare viste le prospettive che la stanga mi può regalare. mi piazzo davanti, inquadro in attesa che accada qualcosa che renda lo scatto un qualcosa di più di quello che vedete. non accade nulla. quasi subito mi accorgo poi che la parte adatta ad accogliere l'evento è troppo angusta, troppo scura rispetto al resto.

capisco che poco sarei riuscita a tirar fuori. ma sto lì, incaponita come non mai. a un certo punto vedo arrivare una signora con i calzoni a righe bianche e rosse, come quelli dei clown. mi dico ci siamo. e subito dopo mi dico che no, le gambe non ci sarebbero mai state nel riflesso. ma sto lì. ad aspettare una foto che non si può fare. incaponita come non mai.

quanto sarebbe stato semplice, e di sicuro effetto, girarmi e scattare la signora coi pantaloni a righe, e la stanga, e le righe diagonali. ma io lì incaponita come non mai a inquadrare una vetrina di un negozio in disuso.
mannaggia a me! speriamo serva da lezione, va.

lungo la strada verso casa, ancora qualche scatto.

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