le mie foto sono piatte, piane, appiattite, bidimensionali. sono mosse, sfuocate, stralunate, come colpite da un battito e portate via con me. sono foto di riflesso, immediate, intraviste, a volte davvero riflesse. sono scattate attraversando situazioni e superfici, altre sono solamente scritte, altre ancora mancate. e poi ci sono i pali, e la gente che lavora o semplicemente sta lì, e io. assolutamente a colori. per ora.

martedì 31 maggio 2011


oggi milano è più gentile, giovane, sorridente, colorata e fiera.
e lo sono anch'io: grazie!

il nuovo sindaco nel suo diario oggi scrive:
siamo arrivati a casa.
il viaggio è finito. siamo arrivati a casa. a casa nostra. e la nostra casa deve essere accogliente, pulita, aperta. tocca a noi farla così. a ognuno di noi. buona nuova milano, milanesi!

che giornata straordinaria, quella di ieri, che vortice di emozioni, che voglia di cantare, che felicità. voglio proprio spiegarla, questa parola, perché la ripeto sempre e qualcuno – abbiamo visto che sono la minoranza, però! – non capisce perché. domenica, a metà pomeriggio ho interrotto una riunione per rispondere a una mail. mi scrivevano: sono Irene, ho 25 anni, e non capisco come lei faccia a promettere la felicità. la felicità – le ho risposto, e sono parole che ieri ho voluto ripetere – non viene dal possedere un gran numero di cose, ma dall’orgoglio del lavoro che si fa. io credo davvero che la felicità sia dentro di noi, non nelle cose fuori di noi. e credo che lavorare tutti insieme, perché si crede in qualcosa, senza che ci spinga alcun interesse, sia qualcosa che si può chiamare felicità.

io ci credo profondamente. e anche voi. perché in piazza del duomo, nella nostra magnifica piazza che non avevo mai visto così piena, ieri sera si respirava la felicità. buongiorno milano, dunque. buon giorno e buon lavoro a tutti noi.

ieri quando ho sentito parlare che la felicità nasce dall'orgoglio per il lavoro che si fa, mi sono sentita felice.

per questo voglio ringraziare, rischiando di cadere nel patetico, tutte le persone che continuando a venire al cinema mi hanno permesso in questi anni e mi permettono ancora di continuare a fare il lavoro che faccio.

perché si sa che il cinema per essere grande ha bisogno soprattutto di loro, persone che ridono, piangono, riflettono assieme nel buio di una sala cinematografica o sotto le stelle, grazie!

lunedì 30 maggio 2011


sontag (cit., p. 11) scrive:
fotografare è essenzialmente un atto di non intervento
questo scatto, no: è atto scaramantico, talismano scaccia ansia, immagine di speranza.

... ssst!  manca poco, incrocio le dita.

giovedì 26 maggio 2011

from/da milan is all in.


il reportage.
cos'è il reportage?

henri cartier bresson, nel saggio l'istante decisivo (henri cartier bresson, l'immaginario dal vero, abscondita, milano, 2005, pp. 19-34) a prefazione de images à la sauvette (verve, paris, 1952), a pp. 21-22 scrive:
il reportage è un'operazione preogressiva della testa, dell'occhio e del cuore per esprimere un problema, fissare un avvenimento o delle impressioni.

un avvenimento è talmente ricco che gli si gira attorno mentre si svilupa in cerca di una soluzione. a volte bastano pochi secondo, in altri casi ore, anche giorni: non ci sono soluzioni standard, niente ricette. dobbiamo essere pronti come al tennis, la realtà ci sfida con una tale abbondanza che ci obbliga a tagliare sul vivo, a semplificare; ma si taglia sempre quello che si deve?

bisogna arrivare, mentre si continua a lavorare, alla coscienza di quello che si fa. qualche volta, pur essendo convinti di avere preso la fotografia essenziale, continuamo a scattare per l'impossibilità di prevedere con assoluta certezza lo sviluppo dell'avvenimento.

(...)

ci troviamo dinanzi a due selezioni, o meglio, a due possibili rimpianti: il primo, il confronto con la realtà nel visore; l'altro, una volta svilupate e fissate le immagini, di fronte all'obbligo che impone di separarci da quelle, anche se giuste, che appaiono più deboli. quando è troppo tardi, allora realizzi esattamente per quale ragione sei risultato insufficiente.

quello postato oggi è stato il mio primo tentativo di reportage, fatto il 14 maggio durante la festa per lo scudetto del milan, dopo molti anni sono cambiate le facce e i colori di chi festeggiava, io ne ero e ne sono contenta.

un po' meno contenta sono del lavoro portato a casa e nemmeno consapevole della ragione, a breve, forse, potrò rifarmi e capire qualcosa di più, ma ora sto zitta nella speranza di poterne postare un altro, stessa città e altrettante facce festanti cambiate.

ssst... che stavolta forse il vento cambia davvero!

comunque eccolo qua il mio primo reportage.
grazie a monica per il supporto nella scelta.





















martedì 24 maggio 2011

from/da io, in bagno/me, in the bathroom.

roma, 3 dicembre 2007, 14:19 by photocorti


torino, 18 marzo 2006, 18:52 by photocorti
torino, 18 marzo 2006, 18:52, a photo by photocorti on Flickr.


essere colei che fa le foto aiuta a non essere colei che è ritratta nelle foto.

questo credo sia uno dei motivi per cui faccio spesso fotografie,
la macchina fotografica è un paravento dietro cui nascondermi.

ma diventando grande, a poco a poco,
la paura di mostrarsi un pochino se ne va:
eccomi quindi qua, accomodatevi nella mia intimità!

venerdì 13 maggio 2011


questo scatto è un mistero, perlomeno per me.

l'ho postato in molti luoghi. se non ricordo male almeno quattro, in flickr,
su tre forum di fotografia molto diversi fra loro, e adesso anche qua.

da nessuna parte ha ricevuto commenti.
è passato sotto silenzio. come se non ci fosse stato.
a me questo scatto piace, fra i miei è fra quelli che mi piacciono di più.
nei primi dieci.

è uno scatto imbroglione, malinconico, lineare e calmo.
fatto di bianco, di azzurro, di verde, e di sole che se ne va.
di parole più o meno sfocate che rievocano luoghi, persone, nazioni, siti web.

è una foto di una foto non fatta da me che racconta qualcosa di me.
ed è venezia.

lo scatto dello sticker lo trovate qui
ovvero sulle pagine flickr di martino metelli che profondamente ringrazio
sia per lo scatto che mi ha regalato sia per i suoi bellissimi scatti urbani.

per chiudere, fra il serio e il faceto, sontag scrive (cit. p. 3)
collezionare fotografie è collezionare il mondo
io austria e georgia ce le ho!

venerdì 6 maggio 2011


il 22 agosto 2007, durante il viaggio di avvicinamento a dokumenta-kassel, ci fermiamo a solothurn (soletta il nome italiano), la più bella città barocca della svizzera.

a berna il giorno prima mi ero comprata una monografia di rudy burckhardt (phillip lopate, vincent katz, rudy burckhardt, 2004).

ero rimasta affascinata da alcuni scatti che avevano come soggetto il selciato e pezzi di passanti, e il giono dopo eccomi arrivare sotto agli occhi il cagnolino che è divenuto il mio primo cane in angolo... ho scattato, la foto mi è molto piaciuta ed è iniziata la malattia...

quindi se esistono i miei cani d'angolo è perchè è esistito rudy burckhardt e i suoi bellissimi scatti di selciati newyorkesi...


ecco come il the new york times ne ha annunciato la morte il 4 agosto 1999:
rudy burckhardt, 85, photographer and filmmaker, dies
by roberta smith


rudy burckhardt, whose 60-year career as an artist and a friend of artists connected several generations and esthetic factions of the new york school, drowned on sunday in a pond near his home in searsmont. he was 85 and also had a home in manhattan.

the administrator of the office of maine's chief medical examiner said that he committed suicide.

mr. burckhardt was best known as a photographer and filmmaker whose primary subject was the new york cityscape: its people, architecture, fleeting detail and ceaseless vitality.

he painted and wrote intermittently, publishing ''mobile homes,'' a book of autobiographical essays, in 1979. the book's title was an odd but fitting choice for a man who was for so long and so quietly a constant on the new york cultural scene -- the poet john ashbery once called him a ''subterranean monument'' -- and yet moved easily between art forms and also collaborated with artists of all denominations.

mr. burckhardt was a famously diffident man, elegant, slight and soft-spoken with a habitually morose demeanor. in fact he possessed an unusually sunny personality for an artist and seemed to live in perpetual delight that the rest of the world had none of the order and homogeneity of his native city, basel, switzerland.
his career unfolded in the background of the tumultuous rise of the new york school, which was well known for its clashing egos.

for many years his most visible profile was as a photographer whose images of artists and their work were frequently featured in art news magazine, where he used the credit rudolph burckhardt.

even today he may be most familiar to many people interested in american art as a name that appears in other artists' biographies: as the next door neighbor of the young willem de kooning, from whom he bought a few paintings in the late 1930's; as a friend of fairfield porter, who was inspired by mr. burckhardt's photographs to make paintings of new york city, and as companion and then lifelong friend to the poet and dance critic edwin denby, who wrote sonnets to accompany his photographs and who said he drew inspiration for both his poems and his writings on dance from the airiness and movement in mr. burckhardt's films. as a mentor, with denby, he influenced several generations of artists, outstanding among them alex katz and red grooms.

but mr. burckhardt's photographs of new york earned him a place among the great street photographers of the 20th century.

mercoledì 4 maggio 2011


sempre il resmini, sempre al corso, si sta parlando di corretta esposizione, tempi, diaframmi, ASA e/o ISO. ti aspetti quintalate di tabelle comparative, scale, cose così...

a un certo punto qualcuno, non mi ricordo chi, interviene chiedendo: "ma in uno scatto come faccio a decidere che ISO usare? scelgo sempre il valore più basso così son sicuro che viene tutto con maggiore dettaglio....?"

lui si ferma, lo guarda e gli fa: "io per i miei lavori uso sempre pellicole con una determinata sensibilità.... ecco dovete cercare di scoprire qual'è la vostra sensibilità: ognuno ha la sua... ovviamente la mia non ve la dico". 

lunedì 2 maggio 2011

londra, maggio 1999 by photocorti
londra, maggio 1999, a photo by photocorti on Flickr.

londra, maggio 1999 by photocorti
londra, maggio 1999, a photo by photocorti on Flickr.

londra, maggio 1999 by photocorti
londra, maggio 1999, a photo by photocorti on Flickr.

maggio di 12 anni fa, qualche giorno a londra: perchè le città italiane sono così poco rosse e nere?

domenica 1 maggio 2011

camaguey, ottobre 1998 by photocorti
camaguey, ottobre 1998, a photo by photocorti on Flickr.
otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire
con questo slogan, coniato in austria nel 1855, hanno inizio le lotte sindacali per i diritti dei lavoratori; la prima internazionale dei lavoratori (ginevra, 1866) stabilisce le otto ore come limite legale all'attività lavorativa, il 1 maggio 1867 a Chicago viene organizzata una grande manifestazione a sostegno dell'entrata in vigore di una legge che le introduceva.

il 1 maggio 1886, un sabato allora giornata lavorativa, più di 400 mila lavoratori incrociano le braccia e partecipano a manifestazioni e cortei pacifici per cercare di convincere le fabbriche a garantire il rispetto di tale limite orario. nei giorni successivi scioperi e manifestazioni proseguono e nelle principali città industriali americane la tensione diviene sempre più acuta. iniziano gli scontri con la polizia. durante una manifestazione a chicago, mentre la polizia si avvicina al palco per interrompere il comizio, viene lanciata una bomba. i poliziotti aprono il fuoco sulla folla, causando otto morti e numerosi feriti. una feroce ondata repressiva si abbatte contro le organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori, causando arresti, scontri con altri morti e feriti. per i fatti di chicago vengono (ovviamente?) condannati a morte otto anarchici: due di loro vedono commutata la pena in ergastolo, uno viene trovato morto in cella, gli altri quattro vengono impiccati in carcere l'11 novembre 1887. il ricordo dei "martiri di chicago" diviene simbolo di lotta per le otto ore.

il 1 maggio 1890 si organizzano, per la prima volta in tutto il mondo, manifestazioni simultanee a difesa dei diritti dei lavoratori. nell'agosto del 1891 a bruxelles, il congresso internazionale dei lavoratori decide di rendere permanente la ricorrenza:  il 1 maggio diviene la "festa dei lavoratori di tutti i paesi, nella quale i lavoratori devono manifestare la comunanza delle loro rivendicazioni e della loro solidarietà".

con buona pace dello shopping e di chi pensa sia più importante tener aperti i negozi...