le mie foto sono piatte, piane, appiattite, bidimensionali. sono mosse, sfuocate, stralunate, come colpite da un battito e portate via con me. sono foto di riflesso, immediate, intraviste, a volte davvero riflesse. sono scattate attraversando situazioni e superfici, altre sono solamente scritte, altre ancora mancate. e poi ci sono i pali, e la gente che lavora o semplicemente sta lì, e io. assolutamente a colori. per ora.

martedì 21 giugno 2011


questa è la foto che fa da copertina al progetto che mi è stato appena pubblicato, dopo essere stato approvato, su hydeparkphotography: si tratta di una selezione di riflessi urbani, ancor più ristretta di quella fatta per la pagina ad essi dedicata del blog, fra i molti fatti in questi anni.

il progetto urban reflections/riflessi urbani, uno dei tanti (forse troppi?) fra quelli che porto più o meno avanti, è nato perchè riguardando delle foto antiche (nel senso di scattate da me tanto tempo fa) ne ho scoperta una, di riflessi appunto, che mi affascinava: allora mi son detta, perchè no?

poi immediatamente dopo è arrivato il perchè si? cioè perchè i miei "riflessi urbani" dovrebbero avere un senso per qualcuno, oltre a me?

ecco il fatto che hydeparkphotography abbia deciso di pubblicarli e che edit benet si sia presa la briga di presentarne un'altra selezione su photografarté mi fa dire che forse un senso ce l'hanno. ma è proprio così?  insomma quanto vale l'approvazione degli altri nel giudizio sul nostro lavoro? quanto il riconoscimento aiuta e quanto condiziona?

in attesa di risolvere sti dubbi che forse lasciano il tempo che trovano, ringrazio edit benet dell'energia regalatami in questa ed altre occasioni; che sia di parte?

lunedì 13 giugno 2011


a milano, in metropolitana, raramente si incontrano sguardi, a volte accade, ma sono sfuggenti, altre volte, pur andando di fretta, no.

lunedì 6 giugno 2011


un'altra mostra di fotografia che mi porta a cercare ordine e sospensione.

alla galleria carla sozzani, in quel luogo fantastico che è 10 corso como, fa tappa il world press photo 2011, ovvero la mostra dei lavori premiati dall'annuale concorso promosso dall'omonima organizzazione.

lo scopo è offrire una panoramica di come i fotoreporter affrontano il loro lavoro e di come la stampa ne dà notizia, riflettendo le diverse tendenze e i diversi sviluppi del fotogiornalismo attraverso l'unione di foto provenienti da tutto mondo.

il concorso si apre all'inizio di dicembre di ogni anno ed è aperto ai fotografi professionisti, ma anche ad agenzie fotografiche, quotidiani e riviste. possono partecipare sia con scatti singoli sia con reportage. all'inizio di febbraio di ogni anno una giuria composta da 19 fra photo-editor, fotografi e rappresentanti di agenzie di stampa eleggono i vincitori. la provenienza geografica e culturale diversa dei giurati è uno degli elementi di forza del premio, l'organizzazione non ha ovviamente alcuna influenza sui premi. una volta premiate le opere partono per un tour mondiale che quest'anno ha incluso appunto anche milano.

quindi tu vai lì e hai l'occasione di vederti scorrere davanti agli occhi un anno di avvenimenti, notizie, disgrazie, tumulti, massacri. ma non solo. ci sono anche scatti sportivi, reportage sociali e legati al mondo dello spettacolo e della moda, immagini naturalistiche. insomma un vero caravanserraglio di scatti da e su ogni dove.

un caravanserraglio però necessario, buono e giusto.

al di là delle "solite" polemiche (si veda ad esempio la recensione apparsa sul corriere della sera a firma giuliana scimè), la mostra, così poco strutturata costringe lo spettatore, come ben scrive roberto mutti nella sua recensione su repubblica, a crearsi una propria classifica, un proprio sguardo, una propria etica, un proprio pensiero.

ecco il mio.

non posso non partire dalla foto vincitrice di jodie bieber che è tutto tranne uno scatto che racconta l'orrore, racconta invece la forza, la limpidezza, la serena dignità di una giovane donna che nonostante tutto pare fieramente in pace.

© jodie bieber

a differenza della gran parte degli scatti dall'alto natural-scenografici  oggi tanto di moda e da me poco sopportati, lo scatto dall'elicottero di daniel berehulak,  ha la capacità di farmi entrare nella vicenda delle persone ritratte (una su tutte l'uomo in rosa al centro dello scatto e del vortice provocato dal rotore) con la gentilezza e il rispetto proprie del rosa e dell'azzurro.

© daniel berehulak

così come lo scatto di daniel morel, al centro anche di un clamoroso caso di furto del diritto d'autore, mi fa sentire ancora la dolorosa, composta, quasi incredula richiesta di aiuto della donna che con il suo sguardo è capace di far quasi scomparire il corpo insanguinato alla sua destra.

© daniel morel

e come non subire il fascino del reportage sugli sguardi incantati dal cinema di amit madheshiya

© amit madheshiya

o la capacità di cogliere il bello, la musica che racconta lo scatto di andrew mcconnell

 © andrew mcconnell

o quegli incredibili occhi azzurri concentrati e decisi colti da thomas p. peschak ?

 © thomas p. peschak

e infine il mio scatto preferito, di vincent yu, capace di raccontarmi in un secondo, il possibile destino di una nazione, di una famiglia, di un'ideologia e di farmi nascere un incredibile sorriso divertito e partecipe di un destino famigliare non tanto distante da quello di ognuno di noi...

 © vincent yu

sul sito del world press photo oltre a tutti gli scatti premiati anche interessantissime video-interviste con gli autori degli scatti, fateci un salto ne vale davvero la pena...

mercoledì 1 giugno 2011


sontag, (cit., p. 22):
la suprema saggezza dell'immagine fotografica consiste nel dire: "questa è la superficie. pensa adesso - o meglio intuisci - che cosa c'è al di là di essa, che cosa deve essere la realtà se questo è il suo aspetto".